Di Andrea Atzori
Come un fiore in grado di nascere e crescere anche nel mezzo di un arido deserto, motivato solo dalla propria voglia incontenibile di vivere, nonostante la totale avversità ambientale, anche l’ansia dei popoli dell’est ucraina, di origini russofone, di mantenere stretto il filo che li lega a Mosca, si è espressa, imposta ed affermata, tramite questo referendum già tenutosi ieri nel Donbass.
Nonostante lo scontro militare tra Kiev ed i civili insorti in armi, decisi a resistere alla controffensiva lanciata dall’esercito ucraino, il popolo è andato alle urna ed ha espresso il suo voto, finalizzato a stabilire la volontà della maggioranza dei cittadini sulla questione della scelta tra Mosca o Kiev. Questa consultazione popolare è stata resa necessaria a causa del rovesciamento violento del governo filorusso di Yanukovich da parte dei rivoltosi filo-occidentali.
Il dramma dell’Ucraina è tutto contenuto in questa realtà di fatto, di un popolo composto da etnie diverse e tra loro non compatibili. Filorussi e filoccidentali non possono convivere in pace dentro ad una stessa nazione. La Storia umana si sta ripetendo in modo sorprendente. Stiamo rivivendo una scena già vista, quella del secondo conflitto mondiale.
I popoli dell’Est riconoscono nel governo sovversivo di Kiev, i fascisti invasori dell’ultimo conflitto mondiale, la vittoria contro i quali è stata celebrata solennemente, il 9 maggio in Russia. Il consenso a stare dalla parte di Mosca, in questo scontro inevitabile con le forze militari Nato, è stato pressochè unanime. Oltre il 95% dei voti è stato a favore. Le cancellerie occidentali sono in pieno fermento. Intenzionate ad annettersi l’Ucraina tutta intera, stanno giocando il ruolo del coccodrillo che non riesce ad ingoiare la sua preda, perché più grande di lui.
L’esercito russo incombe, minaccioso alla frontiera. Mosca lancia segnali diretti a far intendere che qualunque tentativo di evitare lo scontro sarà impossibile senza mettere sul tavolo di eventuali trattative, le legittime aspirazioni delle regioni dell’Est Ucraina, il cuore pulsante dell’economia di questa nazione. Il Donetsk da solo vale il 30% del PIL ucraino. E’ sede di tutte le imprese siderurgiche e metallurgiche nonché delle miniere di carbone. Senza queste regioni l’Ucraina sprofonda nel nulla.
Stati Uniti ed UE insistono nel ricorrere alle sanzioni boomerang che, fatalmente, sono destinate a ritorcersi contro di loro. Il tono delle dichiarazioni ufficiali tra le parti contrapposte, assume sempre più il carattere violento delle invettive che preludono alla rottura definitiva dei rapporti. Se cessa la comunicazione attraverso le vie diplomatiche, è dato assodato che la parola passi alle armi.
Una Nato che pretende di accamparsi alla frontiera della Russia non è altro che il secondo round, la rivincita dell’ultimo conflitto mondiale, nazisti contro comunisti. Obama contro Putin è come Hitler contro Stalin. Non ci sono differenze di sorta. Le reciproche accuse, le sanzioni economiche minacciate ed imposte senza sosta, sono i soliti insulti che volano tra due contendenti pronti allo scontro mortale, finale e decisivo. Non esistono soluzioni pacifiche a questa situazione che costituisce la premessa indiscutibile per la madre di tutte le guerre.
Non è neppure necessaria la classica scintilla per far detonare l’arsenale. Ogni evento causale, necessario e sufficiente a far esplodere i continenti, è già accaduto. Il mondo è come sospeso dentro ad una bolla di sapone. Quel silenzio assoluto ed irreale che avvolge il campo di battaglia prima dello scontro fatale. La magia che ogni guerriero ha sperimentato in quell’attimo ineffabile, che separa la vita dalla morte.