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CRISI EPOCALE DEI VALORI E CONFLITTI DI CIVILTÀ

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talibanidi ANDREA ATZORI*

 

"Assistiamo, quasi impauriti e sconcertati, al crollo progressivo e inarrestabile delle direttrici e dei punti di riferimento sicuri, ai quali l’Uomo con la U maiuscola, nei secoli, si è attenuto per costruirsi una via maestra lungo la quale svolgere la propria evoluzione; tramandando il bagaglio del suo patrimonio spirituale - acquisito con l’esperienza, lo studio, la conoscenza, la sofferenza e la rinuncia - alle generazioni future"

 

Oggi, tante delle convinzioni, ma anche delle certezze che l’uomo possedeva, acquisite attraverso l’educazione fornitagli dalla famiglia e dalle istituzioni - che come una bussola usava per orientarsi nella sua vita privata e sociale - sono andate in crisi. Perché la scienza ha squarciato molto delle tenebre che oscuravano il campo dello scibile umano, ma ha anche posto altri numerosi interrogativi e dubbi alla coscienza, che scuotono non solo il singolo, nel profondo, ma che alimentano anche uno scontro ad altissimi livelli all’interno delle istituzioni religiose, sociali, politiche nazionali e internazionali.

Dalle scoperte scientifiche si è generata l’evoluzione tecnologica, che usata in modo molto meno responsabile di quanto fossero i vecchi metodi educativi, ha funzionato come un panzer distruttivo per il mondo dei vecchi valori consolidati, quali venivano insegnati e tramandati fino alla prima metà del secolo ventesimo.

 

Ogni strumento di comunicazione del pensiero e di informazione dei fatti si trasforma in un potenziale strumento educativo o diseducativo, a seconda del modo in cui lo si usa. Se posto in mano a persone preparate a svolgere opera di formazione morale diventa positivamente educativo ma, contrariamente, può trasformarsi in un terribile ordigno, micidiale per la cultura e l’educazione dei popoli, se l’intento è quello di diffondere disvalori e sollecitare la trasgressione. Non si parla di attività “contra ius” o criminosa, che interesserebbe alle autorità perseguire, ma di diffusione e propaganda di modelli di comportamento e di vita che sono un incontrollato fattore rivoluzionario della cultura, dei principi, dei sani costumi sui quali si regge la moralità dei popoli.

Faremmo bene, però, ad essere coscienti del fatto che, seppure non contrarie alla legge, queste proposte di modelli di vita ammantati di modernità, in quanto tali da incidere sulle convinzioni e sui modi di sentire dei popoli, in effetti, tendono non a costruire ma a distruggere il vecchio ordine morale, seppellendolo come farebbe un esercito straniero invasore. Costringono, poi, il potere legislativo degli Stati a modificare la disciplina dei comportamenti e delle relazioni sociali, perché non più confacenti al comune sentire dell’uomo.

 

Nonostante l’evidenza assoluta della causa del gravissimo male che affligge la civiltà occidentale - che percorre in lungo ed in largo ogni struttura dell’aggregato sociale e si traduce in sovvertimento di tutti i parametri, sulla base dei quali l’uomo si aspetterebbe di essere giudicato e valorizzato, come cittadino, come studente, come lavoratore - viene male discutere di queste cose in una società dove ogni critica, anche la più semplice, alla spinta di trasformazione indiscriminata e non costruttiva, viene attaccata come antidemocratica e illiberale. Soprattutto si parla di minaccia al pluralismo culturale delle moderne democrazie occidentali.

Ed invece il grande inganno sta proprio nel modo sbagliato di concepire il pluralismo in democrazia; che non implica l'imposizione delle convinzioni, delle concezioni e degli stili di vita attraverso la propaganda delle moderne forme di dissoluzione delle radicate convinzioni morali dei popoli, tali da trasformarne le culture ed i costumi. Pluralismo non significa appiattimento e costruzione di una società amorfa ed eretta secondo canoni imposti dai mass-media o dai grandi poli di produzione e distribuzione dei beni, che disegnano un essere umano concepito solo come consumatore.

Pluralismo significa rispetto dell’altro e della sua diversità. E’ questo il solo modo di salvaguardare e difendere l’integrità culturale delle altre civiltà ed anche della nostra stessa. Infatti, lungi dallo sperare nel pluralismo così concepito, esse hanno da temere, seriamente la loro comune estinzione. Amalgamate solo dalla passiva rassegnazione di cedere la funzione di formazione dell’uomo ad organizzazioni ed apparati mossi solo da qualunquismo o da calcoli egoistici di tipo economico, in quanto tesi alla massimizzazione del profitto.

 

Il conflitto, o meglio lo scontro di civiltà, che ha già acceso numerosi focolai di guerra nel mondo, e che potrebbe addirittura minacciare la stessa sopravvivenza dell’essere umano, si regge proprio su quest'equivoco. Cioè nel credere che le civiltà vere possano andare in crisi e confliggere tra loro sul tema dei valori. Si tratta, invece, di un fenomeno, che visto nella sua vera essenza, consiste nella costruzione in laboratorio di una nuova figura d'uomo a misura di mercato e profondamente amorale, se non immorale. Il tentativo di imporre con la violenza delle armi al mondo mussulmano una concezione di vita estranea ad esso, significa non esportare libertà e pluralismo, ma allargare l’area di influenza e attività del metodo di pianificazione dell'essere umano.


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