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Il Presidenzialismo di Napolitano e Letta una porta aperta verso la dittatura fascista.

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Di Andrea Atzori



Il governo Letta, su input del Presidente Napolitano, è ormai proiettato verso l'ultima spiaggia della democrazia italiana, considerata antistorica dopo appena settant'anni di vita. Altre democrazie hanno esistenze plurisecolari e sono pienamente vegete. Appunto per queste loro particolari estraneità a pulsioni clericali verso il potere, ancorato allo spirito trascendente di entità estranee al sistema pragmatico di ricerca e studio della verità, queste democrazie non soffrono alcuna minaccia da forme di Stato in cui viene accentuato l'accentramento del potere nelle mani di un uomo solo. La Francia non ebbe a sperimentare un periodo di dittatura fascista, così come i paesi anglosassoni. L'Italia, all'indomani della devastazione nazionale provocata dalla guerra mondiale necessaria per spezzare l'asse tra Roma e Berlino, ebbe una forma di Stato parlamentare, cioè fondata sul conferimento al parlamento del potere di riconoscere e accordare la fiducia al governo ed eventualmente revocarla. Il rischio è sempre stato quello che il popolo italiano, notoriamente dipendente dalla volontà dei clericali, potesse nuovamente intraprendere uno scellerato cammino verso quel fascismo che infiammò e ridusse in macerie il vecchio continente percorso dall'odio nazifascista predicato nel nome di un Dio sanguinario che ancora non avrebbe spento la sua sete. Il sistema democratico più autentico non è quello presidenziale ma parlamentare. Teniamo conto del fatto che l'accentramento dei poteri è giustificato solo dall'esigenza di rendere la gestione del potere meno legata alle garanzie di legalità che sta alla base proprio della democrazia pura, al fine esclusivo di favorire una più semplice e veloce attività decisiva dell'organo esecutivo. Questo, però, a discapito delle certezze di protezione delle libertà democratiche che solo il parlamento può offrire e garantire. La realtà del rischio di ricaduta nell'autoritarismo, derivante da una riforma costituzionale come concepita dal PDL e confermata dal PD, è insita nel bisogno personale di Berlusconi di assumere pieni poteri per liberarsi dalle catene che le vecchie leggi ancora in vigore, gli hanno girato attorno, rendendolo responsabile di una miriade di reati gravissimi. Non dimentichiamo che la discesa in politica di questo imprenditore miliardario, fu giustificata solo da questa suo impellente desiderio di farla finita con le pretese della legge nazionale di farsi rispettare anche da Lui. Insomma, la verità è che lo scontro titanico è tra Berlusconi e la legge italiana, che egli non tollera essendovi refrattario. Sarebbe questo un buon motivo per considerare utile ed urgente un cambiamento della forma di Stato in Presidenziale per consentire a questo personaggio di dotarsi degli strumenti legislativi indispensabili per posizionarlo al di sopra di ogni altro potere umano? Non so se quel Dio al quale si appellano i clericali, veramente pretenda ed imponga, se esiste, questa aberrazione morale prima ancora che politica, ma, la voce più profonda della mia coscienza mi dice che tutto questo non può essere un bene. Non dimentichiamo, ancora, che l'ansia riformista è venuta crescendo, in Italia, con il crescere del fenomeno corruttivo in politica. Prima che l'azione della magistratura avesse cominciato a creare problemi gravi alla classe politica, non era neppure consentito pensare ad una eventuale riforma dell'ordinamento giuridico vigente, perchè considerato tentativo di sovversione del sistema democratico. Dopo l'esplosione dello scandalo tangentopoli in conseguenza della crisi economica e del debito pubblico, provocata dal malcostume imperversante nei palazzi del potere, venne inaugurata questa nuova moda del riformismo istituzionale, diretta a far credere che i mali di cui soffriva il paese non erano dovuti alla corruzione politica, sempre negata, ma a pretesi fattori di malfunzionamento del sistema. La parola d'ordine fu, cambiare tutto per non cambiare nulla. Oltre al male delle ruberie e devastazione della cosa pubblica perpetrata dai politici incompetenti e delinquenti, il paese ha dovuto anche subire le conseguenze di un'opera distruttiva dell'organizzazione giuridica di uno Stato moderno, a suo tempo concepita per renderlo degno di stare alla pari degli altri Stati, all'interno del consesso internazionale delle nazioni. Oggi l'Italia, oltre che con il suo destino già ipotecato, in quanto preda delle più feroci organizzazioni criminali, è divenuta il ludibrio del mondo intero, in quanto retta su principi in stridente contrasto con i più, universalmente, condivisi capisaldi della morale umana, realizzando il risultato aberrante, di una comunità nazionale in antitesi assoluta con quella internazionale

 


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