Di Andrea Atzori
L’Italia, il paese dei paradossi. I giornali aprono oggi con una notizia inquietante ed esilarante allo stesso tempo. Si tratta dell’ultima proposta, in ordine di tempo, avanzata dalle forze politiche, al fine di risolvere la controversia politica, più che istituzionale, insorta sul caso della condanna penale definitiva a carico di Silvio Berlusconi. Un tema che tiene occupata tutta la grande platea politica nazionale, nonché l’opinione pubblica nel suo complesso, formata dai media dell’informazione e dal normale modo di pensare e ragionare dell’uomo della strada, il comune cittadino. Sulla vicenda di questo strano personaggio, si sta avvitando il sistema stesso su cui è organizzata la nostra società, nel complesso del suo apparato pubblico e privato. Si ripete da giorni lo stesso stucchevole ritornello. Per garantire la stabilità del governo, necessaria per uscire dalla crisi, al potere giudiziario deve essere proibito di processare e condannare Berlusconi. Poniamo un poco di paletti alla gravità di certe affermazioni. A parer mio chi sostiene queste idee è già di per se stesso, un criminale degno di essere lui per primo perseguito e processato dalla magistratura. Si tratta di attentato all’ordine civile e democratico della nazione. Affermazioni palesemente sovversive e criminali. Slogan terroristici, in cui si seminano idee e progetti diretti alla destabilizzazione del sistema costituzionale vigente. Questo governo in carica non sta garantendo alcuna stabilità, sia perché tutta la classe politica è impegnata esclusivamente, sull’affare Berlusconi, sia perché Berlusconi non è in grado di garantire alcuna forma di stabilità. Da quando è stato al governo, da oltre venti anni, quindi, gli esecutivi da lui presieduti non hanno fatto altro che occuparsi delle sue grane giudiziarie personali. Questa regola si conferma ancora una volta, in questa circostanza di un governo che viene propagandato come imposto dalle esigenze ineludibili della crisi economica, ma che, in effetti, non sta facendo proprio nulla in questo senso, essendo del tutto avulso ed assorbito, dal bisogno di trovare un escamotage politico per rendere, inefficaci ed inapplicabili, nei confronti di questo mostro sociale e politico, le condanne penali definitive della nostra magistratura, emesse sovranamente, in esplicazione dei suoi poteri derivanti dai principi fondamentali su cui è fondata la Repubblica Italiana. La stabilità governativa, pertanto, non ha alcuna attinenza al problema in questione. I provvedimenti su cui è concentrato l'esecutivo non sono relativi a problemi del paese e dei suoi cittadini, ma a quelli di una sola persona, per il solo fatto di vantare un consenso popolare tale da avergli consentito di devastare le casse dello Stato fino al punto in cui, per salvarsi da questo disastro economico, il presidente Napolitano, pare disposto a sacrificare ogni altro interesse fondamentale per la tenuta democratica e la sicurezza politica ed economica della Nazione. Insomma, non solo la causa del male viene elevata a fine ultimo di tutta l'impalcatura giuridica e amministrativa dello Stato, ma hanno, addirittura, la faccia tosta di voler presentare tutta questa operazione di assoggetamento istituzionale alla persona di un delinquente pregiudicato, come giustificata da un fine superiore, quello dello Stato stesso che hanno mortificato e umiliato. Alla fine di tutto esiste un solo porto su cui questa Nave Italia andrà a gettare la sua ancora, per sempre. Quella della totale impunità per un uomo, finalmente, divenuto totalmente libero di porre in essere i suoi più efferati crimini e delitti, capaci di soddisfare tutte le sue più insane voglie; un mondo di aberrante barbarie, che per un'assurdo ed incredibile bisogno spirituale di ascesi ed infinito, porta quel popolo che ingrassa quel parassita, a sentirsi più vicino al suo dio. Un fenomeno incredibile, che non avremmo creduto possibile, all'alba del terzo millennio! Il ministro della difesa Mauro e quello della giustizia, Cancellieri, predicano pacificazione, per il bene dell'Italia. Tirano in ballo l'amnistia di Togliatti, alla fine dell'ultimo conflitto mondiale. La considerazione più ovvia è quella relativa all'antitesi assoluta in cui le due realtà di allora e di oggi, si pongono. La fine di una guerra, in seguito ad una sconfitta disastrosa, non è la stessa situazione in cui una guerra non è neppure ancora iniziata, pur essendo, finchè si vuole, ammesso e non concesso, probabile. Se Togliatti fosse ancora vivente, si sarebbe di certo reso perfettamente, conto del gravissimo errore da Lui commesso. Questo attacco minaccioso alle istituzioni democratiche, non ci sarebbe stato oggi, se i veri colpevoli di allora avessero pagato i loro crimini fino all'ultima goccia del loro sangue. Il rigurgito fascistoide, di cui i due ministri si dichiarano tanto fieri ed entusiasti esponenti, non avrebbe trovato l'humus adatto per prosperare. Alla fine dei suoi 65 anni di vita, la nostra Costituzione non avrebbe dovuto sperimentare il rischio reale e concreto di subire una tale regressione nei suoi principi fondamentali, da ridurla in uno stato in cui lo Statuto Albertino si sarebbe pure vergognato di venire a trovarsi. Solo perchè il Presidente della Repubblica, fautore e garante di queste micidiali e sovversive soluzioni al limite del suicidio politico, è un ex comunista, l'ex leader più rappresentativo dell'ex partito comunista comunista italiano, ormai scomparso. Costui non è credibile. Parla come un fascista dell'ante guerra, quando tanti italiani non erano in condizioni di capire, causa l'analfabettismo dell'80% della popolazione di allora. Il livello culturale dell'italiano medio di oggi è assai più alto, tanto da porlo in condizioni di comprendere la gravità della catastrofe politica ed istituzionale di cui lui si sta rendendo protagonista e autore. Non c'è alcun bisogno di pacificazione politica di cui rendersi ferventi esponenti, divulgatori e sostenitori. Da parte di chi poi? Ex comunisti o commensali abituali del gran corrotto e corruttore?